TURB (Resezione Transuretrale della Vescica)

Informativa Operatoria

INFORMAZIONI GENERALI

La resezione transuretrale della vescica (TURB) è un intervento endoscopico, il cui scopo è l’asportazione di lesioni (neoformazioni o zone sospette) della parete vescicale; le neoformazioni superficiali che non infiltrano la parete della vescica possono essere asportate in maniera radicale, mentre per neoplasie vescicali infiltranti la procedura ha significato solo bioptico (cioè è utile al fine di realizzare la biopsia = prelievo di tessuto da sottoporre a esame istologico) e/o per studiare la malattia. La TURB può essere difficoltosa in soggetti obesi, con uretra lunga, prostata voluminosa e/o neoplasie situate sulla parete vescicale anteriore.

INFORMAZIONI PER IL PAZIENTE

L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o spinale: ha una durata variabile tra dieci e novanta minuti, in rapporto al numero e alle dimensioni delle lesioni da asportare. Il Paziente è in posizione supina, con le gambe rialzate e sostenute da gambali (posizione litotomica). Lo strumento operativo (resettore) viene introdotto attraverso l’uretra e raggiunge la cavità vescicale che viene riempita e lavata di continuo con soluzione fisiologica o glicina. Le lesioni vengono rimosse con l’uso di anse da resezione, che portano la corrente di un elettrobisturi; le anse diatermiche, scorrendo dentro la lesione, la asportano “a fettine” dalla sommità fino alla base (resezione). Completata l’asportazione delle lesioni vescicali, si procede alla coagulazione di eventuali zone di sanguinamento nella sede di resezione. L’intervento si conclude con il posizionamento di un catetere vescicale a 3 vie per il lavaggio continuo della vescica; la fuoriuscita di liquido di lavaggio chiaro è indice di buona emostasi (il termine medico per indicare la coagulazione). 

Le attuali linee guida nel trattamento delle neoplasie vescicali superficiali prevedono, se non vi sono controindicazioni a seguito della procedura chirurgica e le condizioni cliniche del paziente lo consentono, di effettuare entro 24 ore dalla procedura chirurgica una instillazione endovescicale di un farmaco chemioterapico dal catetere vescicale (Mitomicina C 40 mg diluito in 50ml di soluzione fisiologica) per sterilizzare eventuali focolai neoplastici residui microscopici. Tale trattamento ha infatti dimostrato di ridurre la probabilità di recidiva neoplastica. 

Il Paziente viene dimesso in genere dopo cinque giorni dall’intervento dopo aver rimosso il catetere in media 4 giorni dopo l’operazione. Dopo la dimissione è preferibile evitare sforzi e viaggi in macchina, moto, bicicletta per una settimana. Nei primi giorni dopo la rimozione del catetere sono frequenti l’aumento del numero delle minzioni e il bruciore urinario. Se questi sintomi tendessero a peggiorare è consigliabile eseguire l’urinocoltura. 

Segue a 30 giorni dall’intervento visita di controllo in cui verrà consegnato copia del referto istologico e verrà stabilito il successivo iter terapeutico.

Nei casi di neoplasia vescicale “ad alto rischio” (lesione superiore ai 3 cm, plurifocalità, alto grado istologico, infiltrazione della sottomucosa) è prevista di routine l’esecuzione di una ulteriore TURB (second-look) da eseguire 4-6 settimane dopo l’intervento in regime di Day Surgery.

RISCHI GENERICI

L’intervento comporta i rischi comuni a tutti gli interventi chirurgici, legati al tipo di anestesia, all’età del Paziente e alle sue condizioni generali.

RISCHI SPECIFICI

Complicanze intraoperatorie:

  • perforazione vescicale: può essere extraperitoneale (al di fuori della cavità addominale); e in questo caso si risolve mantenendo (o riposizionando) il catetere vescicale o posizionando un drenaggio (= tubo di silicone che ha lo scopo di consentire la fuoriuscita liquidi dalla sede di intervento) attraverso la cute in prossimità della perforazione vescicale; in caso di perforazione intraperitoneale è possibile che debba essere eseguita una riparazione “a cielo aperto” (cioè con incisione chirurgica e apertura della cavità addominale), soprattutto se nella perforazione sono coinvolti organi vicini come l’intestino;
  • emorragia: con necessità di emotrasfusione (2-13%);
  • lesione dell’uretere: possibile quando la lesione riveste il suo sbocco in vescica (meato); talvolta può essere necessario posizionare un tutore dentro l’uretere (stent) per consentire la guarigione;
  • lesione dell’uretra: è quasi sempre risolvibile con il solo cateterismo;
  • sindrome da riassorbimento dei liquidi: complicanza rara, dovuta al riassorbimento dei liquidi utilizzati durante l’intervento (glicina); può portare a confusione, nausea, vomito, disturbi nervosi e instabilità circolatoria.

Post-operatorie precoci:

  • ritenzione urinaria: solitamente temporanea, specie se sono coesistenti cause ostruttive (ipertrofia prostatica benigna);
  • ematuria (presenza di sangue nelle urine), con ritenzione di coaguli: può richiedere dei lavaggi energici della vescica per rimuovere i coaguli;
  • idronefrosi (dilatazione della pelvi e dei bacinetti renali) da lesione dell’uretere;
  • infezioni delle vie urinarie.

Post-operatorie tardive:

  • stenosi dell’uretra: restringimento della parte terminale della via urinaria, con difficoltà all’emissione dell’urina; può necessitare di un secondo intervento endoscopico (cervicotomia, uretrotomia, uretroplastica);
  •  emorragia tardiva: si verifica quando cade l’escara (= “la crosta”) della ferita vescicale. Se copiosa e persistente, può richiedere nuovamente il posizionamento del catetere a doppia corrente per il lavaggio continuo della vescica.